Mi risulta molto difficile a parole esprimere le sensazioni che può dare riuscire ad essere mentalmente molto vicino ad un cane. Si tratta di una serie di pulsioni che si possono ricevere quando si ha un animo appagato, soddisfatto, ma non si tratta solo di questo. C’è anche qualcosa che riguarda la sfera emozionale di chi ha fatto una scoperta o ha ricevuto qualcosa che da tempo si aspettava ma mai arrivava. Magari il tutto può essere incluso in una sola parola, senza aver paura di ridurne il suo vero significato: FINALMENTE. Sì, perché con i miei cani, ma anche con quelli dei miei clienti, si è creata quella giusta armonia, quel feeling che crea la situazione giusta per un rapporto altamente edificante.
Da cosa deduco questo? Dalle situazioni di ogni giorno. Ora, ad esempio, ho sospeso per 15 minuti la stesura di questo libro per portare giù i cani ad espletare i propri bisogni corporali. Li ho portati nel grande giardino condominiale e non mi si sono allontanati più di 10 metri. Dopo aver preso un po’ d’aria (visti i 30 e passa gradi in casa) siamo tornati su. E’ bastato un ANDIAMO A CASA detto in tutta tranquillità e tono di voce quasi soffiato e tutti ci siamo diretti verso il nostro appartamento come un unico branco. Prima di salire le scale di casa mi sono fermato un attimo per togliere collare e guinzaglio ad Opalino; Taniusha, Gosha e Mozart si sono fermati ad aspettare senza che io dicessi niente, senza che nemmeno li guardassi. Quando ho fatto il primo passo si sono mossi tutti in simbiosi con me. Mi hanno aspettato alla fine della seconda rampa (forse non si è capito ma io sono un bradipo) e poi sempre insieme siamo andati tutti verso la porta. Se la situazione con i miei cani è questa lo devo senz’altro al mio metodo d’approccio. Devo aver seminato davvero bene.
Dunque, in cosa consiste questo mio metodo? Intanto armarsi di tanta pazienza e soprattutto una calma ascetica. Quando ho iniziato ad addestrare Taniusha, spesso mi arrabbiavo quando le cose non andavano come volevo e naturalmente lei si rifiutava di continuare anche piuttosto offesa, quasi volesse farmi capire che non me la dovevo prendere con lei se io non ero in grado di spiegare cosa cercavo. In effetti, abbassando i miei livelli di aggressività da primate isterico urlante e dandomi la calma che tuttora possiedo le cose sono letteralmente cambiate. Ora sono loro, i miei cani, soprattutto Taniusha e Gosha che mi danno lo sprone per lavorare divertendosi anche quando io preso dall’afa non ho l’energia per continuare. Tutti, dalla più addestrata (Taniusha) alla meno addestrata ed inserita da poco nel nostro nucleo (Teodora) si muovono insieme a me come se fossimo un unico organismo. A volte basta uno sguardo, a volte non serve nemmeno quello, come se loro riuscissero a leggermi nel pensiero (ma probabilmente hanno memorizzato particolari mimici del mio corpo quando siamo in certe situazioni). Sicuramente non è solo la mia calma che permette questo, ci sono altri fattori che sono intervenuti in modo da rendere questa nostra convivenza una situazione perfetta.
Ha influito molto lo studio dell’etologia, della psicologia canina ed il successivo uso delle varie tecniche comportamentali su quei cani che, al contrario dei miei, presentano forti problemi di gestione e patologie del comportamento; questo mi ha consentito di esplorare la mente dei cani da un punto di vista mai immaginato. Lo studio del loro linguaggio gestuale, i segnali calmanti/pacificanti, la loro struttura sociale, le relazioni di interscambio all’interno di essa. Il mio modo di muovermi sicuro e continuo, il porre la mia voce ad un tono molto basso (i cani non sono sordi, anzi hanno un apparato uditivo molto più sviluppato del nostro e perciò non c’è bisogno di gridare ciò che si chiede), il rendermi interessante spesso con esercizi e giochi nuovi, il saper sfruttare a scopo comunicativo quei sensi particolarmente sviluppati nei nostri amici a quattro zampe: olfatto, udito e vista. Soprattutto il non imporgli assolutamente nulla, ma chiedere la loro collaborazione; non ho mai voluto obbligarli nemmeno alle competizioni sportive per cani (e tantomeno alle esposizioni). Ciò che mi interessa di più è il loro benessere fisico e psichico, la loro felicità e non alimentare il mio spirito egocentrico, come ho visto e vedo fare spesso. Poveri cani, sfruttati, anziché capiti.
Per quanto riguarda il lavoro con gli altri cani, oltre a tutto questo insieme di comportamenti, che sicuramente servono a rilassare, ho aggiunto un particolare fondamentale: la casa dove essi abitano. E’ un controsenso non utilizzare questo fattore. E’ lì che effettivamente ci si rende conto dei comportamenti anomali del cane ed è in quell’ambiente che vi è una maggiore percentuale di probabilità di rendere le terapie comportamentali un successo. Chi porta il cane al campo ha due sole possibilità: o il cane impara a controllare le sue pulsioni eccessive solo in quel luogo e con l’addestratore (e quindi a questo punto a cosa servono i proprietari?) o il cane non impara assolutamente nulla perché posto in un luogo a lui sconosciuto e perciò “ostile”. In entrambi i casi si tratta di un insuccesso. Fra l’altro molti campi sfruttano questi fattori a fini commerciali (“Se tu hai sempre bisogno di me, verrai sempre da me e perciò io guadagnerò di più”). Certo neanche io lavoro gratis, ma utilizzando l’abitazione come luogo in cui svolgere le varie terapie comportamentali ottengo due fondamentali obiettivi: lavorare in collaborazione con cane e proprietario ed insegnare ad entrambi una corretta gestione dei rapporti sociali.
Per dare una definizione più giusta, si potrebbe dire che il metodo da me studiato ed elaborato per le interazioni fra cani ed umani èetopsicocinologico, poiché si occupa della gestione dei rapporti di comunicazione e delle relazioni sociali fra le due specie (cioè canis lupus familiaris e homo sapiens sapiens) nel pieno rispetto dell’etologia e della psiche canina. I suoi principi possono essere utilizzati per la normale vita quotidiana, per la correzione di comportamenti scorretti sia da parte del proprietario che da parte del cane e per il recupero e la rieducazione dei cani sofferenti di patologie del comportamento.
I principi, dunque, sono quelli elaborati dall’etologia e dalla psicologia canina. Questi principi hanno una legge che è la base fondamentale del metodo, legge che io ho chiamato REGOLA DELLE QUATTRO “C”:CONOSCENZA, COMUNICAZIONE, COMPRENSIONE, COLLABORAZIONE. Infatti, attraverso la conoscenza dell’etologia e della psiche del cane si riesce ad instaurare un rapporto di comunicazione che consente fra le due specie (noi ed i cani) maggiore comprensione e per tale motivo il cane vi darà la sua più assoluta collaborazione. Nessun segreto, dunque, ma solo questa piccola regola. In appoggio alla parte comportamentale, composta da tutte le tecniche possibili atte ad instaurare una buona e quanto più chiara relazione comunicativa, vi è anche quella riguardante l’addestramento che deve essere sempre improntato nel massimo rispetto dell’identità del cane. Per quanto mi riguarda io uso il metodo classico ed il clicker training, utilizzando a volte una tecnica mista fra i due. Tuttavia, possono essere utilizzati tutti quei metodi di addestramento che agiscono secondo le stesse regole. E’ quindi escluso qualsiasi metodo coercitivo.
Perciò, se veramente volete bene al vostro cane, seguendo i principi del METODO ETOPSICOCINOLOGICO, cercate innanzitutto di rendergli la vita tranquilla, sviluppate insieme a lui le sue doti e capacità, non costringetelo mai a fare ciò che non vuole, ad esempio, se ha paura a salire in auto fategli capire che non c’è nulla di pericoloso, se teme l’asciugacapelli perché rumoroso, rendeteglielo piacevole Non forzate mai le scelte del vostro cane: a questo modo rischiereste di aumentare le sue ansie e di allontanarlo da voi. Seguite le indicazioni ed i consigli che questo libro può darvi e vedrete il vostro cane trasformarsi da insicuro o poco socievole a felice di vivere accanto a voi.