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domenica 3 maggio 2015

Un Paese governato da lobbies di interessi

Rarissimamente in Italia si sono visti politici e governi perseguire il bene comune. Chi allora lo governa? Le lobbies e i comitati di affari che stanno sopra tutto e tutti. Il nostro disgusto è totale quanto più lo riscontriamo sul mondo dei minori, delle donne, degli immigrati celato da fantomatici valori e interessi superiori da garantire.


Purtroppo questa è l’unica amara verità. Non ce ne sono altre. Questo è l’unico parametro del loro agire e l’unica chiave di lettura.


Come smascherarli? Usando il buon senso. Quando si avverte che manchi (e questo accade quasi sempre) sappiate che sono gli interessi di parte che stanno prevalendo.


Rarissimamente si aprono degli squarci di luce nell’ambito dell’informazione e sono prontamente rigettati nell’oscurità più assoluta. Uno di questi casi risale al 28 aprile 2015 quando un articolo di Panorama (Maurizio Tortorella) denuncia che nei Tribunali dei minori un giudice “onorario” (ha esattamente lo stesso peso di quello dei magistrati di carriera) su cinque è collegato a un centro d’affido. È un conflitto d’interessi gravissimo!


L’articolo fa propria l’istanza di Finalmente liberi, un’organizzazione che da due anni si batte per la tutela dei minori, spesso sottratti alle famiglie d’origine con eccessiva facilità e che ha lungamente indagato sui giudici onorari e scoprendo che 151 nei Tribunali, più 54 nelle Corti d’appello, operano in totale e palese conflitto d’interessi. Denuncia che il 20% circa dei magistrati minorili italiani hanno un qualche interesse e legame con i centri d’affido che percepiscono una cifra media stimata intorno ai 300 euro giornalieri per minore.


Ci teniamo a dire come onlus che la maggioranza assoluta di queste strutture svolgono un ottimo lavoro ma non è questo il punto.


Nuove Frontiere onlus da anni fa presente, con i mezzi che ha a disposizione, che i numeri del disagio minorile in Italia sono elevatissimi e non degni di un Paese civile. Mi spiego meglio: se è vero come vero che sono almeno mezzo milione i minori che in Italia vivono in condizioni drammatiche (si arriva al milione se consideriamo coloro che sono vittime o spettatori di violenza quotidiana) il dirottamento in strutture siffatte determina un allungamento estenuante dei tempi di decadenza della potestà genitoriale, “conditio sine qua no” per intraprendere la via dell’adozione, in attesa di un improbabile e comunque ormai tardivo recupero del genitore carnefice. Di più:  non è forse vero che un’adozione internazionale parte da un costo minimo di venti mila euro mentre quella nazionale sarebbe praticamente gratuita? E tutto questo non fa drammaticamente “pendant” con quanto denunciato da “Finalmente liberi” e Maurizio Tortorella?


La procedura delle adozioni in Italia è stata ed è ancora di più oggi assai lunga e complicata: nel tempo compreso  tra l’affidamento e l’adozione, genitori e minori vivono con una vera e propria spada di Damocle sulla testa, perché il provvedimento definitivo di adozione non è certo né tanto meno si sa mai quando sarà adottato. La situazione è talmente tragica che molti ricorrono all’adozione all’estero o, nei casi più estremi, ad una vera e propria compravendita di bambini nonostante in Italia vi sia un gran numero di bambini in attesa di essere adottati e altrettante famiglie in attesa di poter adottare un figlio.


Come uscire da questa empasse? Nuove Frontiere onlus da anni propone una sostanziale riforma delle adozioni nazionali che vede nella decadenza della potestà genitoriale a fronte di fattispecie di reato specifiche e accertate il suo perno.


Quello che pertanto tale progetto intende modificare è l’intero sistema di tutela dei minori in ossequio alla Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989 che sancisce in maniera chiara che “l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente” in modo di assicurare “la protezione e le cure necessarie al suo benessere” (art. 3).


Per questo e  per i motivi sopra esposti, la riforma prevede una notevole riduzione nei tempi dei provvedimenti del Tribunale dei Minorenni, sia nella dichiarazione di adottabilità che del provvedimento definitivo di adozione.


Inoltre, laddove le autorità competenti ravvisino elementi da cui si deducano comportamenti omissivi, stati di abbandono, abuso, sfruttamento, riduzione in schiavitù e violenza, ovvero quando i genitori non vogliano provvedere alla cura dei propri figli o ancora laddove i genitori si trovino in situazione di grave indigenza per cui non possano provvedere all’educazione, al mantenimento e  alla crescita dei minori, l’attuale proposta prevede l’immediata perdita della patria potestà e l’affidamento del minore ad altra famiglia ovvero a persone conviventi o single nonché ad enti ed associazioni in grado di ricoprire tale incarico.


L’affidamento è temporaneo in tutti quei casi in cui la famiglia di origine si trovi in situazioni di indigenza per cui i genitori economicamente non possano provvedere al mantenimento del figlio. A tale scopo è altresì previsto l’intervento degli enti locali che si concretizza in aiuti alla famiglia al fine di ricomporre in breve tempo il nucleo familiare.


Tuttavia, per non creare forte disagio al minore allontanato dalla famiglia di origine e per favorirne l’inserimento nel nuovo nucleo familiare, è previsto l’intervento di psicologi infantili e dell’età evolutiva. Allo stesso scopo il progetto contempla una sinergia tra la famiglia affidataria e quella di origine.


Grandi novità anche in materia di dichiarazione di adottabilità e in particolare in tutti quei casi in cui le famiglie di origine tentino di “allungare” il procedimento non comparendo innanzi all’autorità o rendendosi irreperibili; in tali situazioni infatti la proposta prevede che, effettuate le dovute notifiche, anche se non andate a  buon fine,  la procedura prosegua d’ufficio.


La dichiarazione di adottabilità del minore comporta la perdita consequenziale della patria potestà e il provvedimento non può essere revocato.


Ciò che pertanto tale riforma si prefigge,  in ossequi alla Convenzione del 1989 (artt. 19, 27, 39) è assicurare ad ogni minore un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale morale e sociale in tutti quei casi in cui ciò sia negato dalla famiglia di origine e tutelare il bambino contro ogni forma di violenza, di oltraggio, di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, e di agevolare il recupero fisico e psicologico del minore e soprattutto il suo inserimento sociale affinché possa avere una vita.


Ci permettiamo di concludere con l’anatema lanciato da Papa Francesco: “Le lobby, tutte le lobby, non sono buone…il problema è fare lobby e questo vale per questo come per le lobby d’affari, le lobby politiche, le lobby massoniche» e non sono buone perché è composto da un gruppo organizzato di persone che cerca di influenzare dall’esterno le istituzioni per favorire particolari interessi e non il bene comune.



Un Paese governato da lobbies di interessi

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