Dall’esigenza
di delineare il proprio vissuto nasce un disco che reinterpreta in
chiave personale il ponte fra l’alternative rock e il cantautorato
italiano.
“Le
memorie dell’acqua” è un percorso di auto-osservazione volto al
racconto ed alla comprensione, affidato all’acqua, affinché venga
da esso trasportato in modo trasparente e senza giudizio. Come in un
fiume, ogni
brano è un affluente che fissa le diverse sfaccettature di un
rapporto:
trovarsi, amarsi, cambiare, allontanarsi, tradirsi, lasciarsi. Le
memorie scivolano così su chiunque ascolti, in un fluire di
sensazioni personali ma allo stesso tempo universali.
L’acqua
è il fil rouge
che permea l’intera opera, assumendo, di volta in volta, forme e
significati diversi. L’acqua è neve, lacrime, bolle di sapone,
torrenti, mare. L’acqua è la persona in grado di infiltrarsi
dentro di te, fino a scavare e a creare solchi. L’acqua, nel suo
stato alterato più estremo, è ghiaccio, quello stesso ghiaccio da
cui misterioso e dal nulla arriva Lo
yeti.
L’acqua infine ha una dimensione sotterranea, come quella dei
canali che scorrono invisibili sotto Bologna, città che ha dato i
natali all’autore e al suo progetto.
Il
disco
è prodotto da Angelo Epifani
e registrato presso i Tup
Studio di Brescia
da Pierluigi Ballarin e presso i Raw
Studios di Bologna
dallo stesso Angelo Epifani che ne ha curato anche il mixaggio e il
mastering. La musica e i testi sono di Pierpaolo Marconcini. Gli
arrangiamenti sono di Pierpaolo Marconcini, Marco Milani e Pierluigi
Ballarin. Nel disco hanno suonato: Pierpaolo Marconcini (Voce,
Chitarra Acustica, Chitarra Elettrica), Marco Milani (Basso),
Pierluigi Ballarin (Tastiere, Piano, Synth, Chitarra Elettrica),
Simone Gelmini (Batteria), Daniela Savoldi (Violoncello).
TRACK
BY TRACK
Santa
madre dei miracoli
Un
brano dalle influenze soul che parla di un tradimento, reiterato e
mai svelato. La paura di essere scoperti. E il percorso di
auto-perdono necessario per andare oltre, approdando a nuovi
equilibri, sottolineati musicalmente da aperture di incredibile
respiro e fiati evocativi.
Sotto
effetto della luna
Contrasti
cromatici che creano distinzioni, che accentuano le differenze,
rendendole ancora più nette ed evidenti. Il bianco: della luce della
luna, del manto della neve. Il rosso: delle fragole, del viso di chi
non sa mentire, ma tenta ugualmente l’impresa impossibile di farlo.
Colori opposti che mettono a confronto, rendendo ancora più nitide e
chiare le peculiarità di ogni cosa. Una chitarra cinica e una voce
consapevole.
Rita
Un
fervido ritratto di donna, echi beatlesiani e cori avvolgenti: è
Rita, colta nei suoi contrasti, nelle sue luci e nelle sue ombre, nei
suoi giorni e nelle sue notti. Solare, brillante, fantasiosa, con la
“testa
tra le nuvole”
e con una teoria dei colori tutta sua. Ma anche meteoropatica,
fragile, testarda, con inverni gelidi tra le mani e con storie alle
spalle che ha scelto di non raccontare. Da una parte c’è il
percorso di una persona che cambia, rifugiandosi ermeticamente dentro
se stessa, chiudendo al di fuori tutto il resto. Dall’altra ci sono
la mancanza, il senso di impotenza e la nostalgia che avverte chi è
stato chiuso fuori.
La
canzone dell’acqua
L’acqua
con il suo scorrere crea legami, con il suo flusso innesca
cambiamenti. Acqua nella sua duplice veste, di purezza e trasparenza,
di lineare quotidianità, ma anche di forza potente, violenta, che
tutto spazza via, senza fare distinzioni.
Intrepida
La
nostalgia che permea questa ballad rivela un amore forte e
totalizzante ma pervaso dalla consapevolezza di trovarsi in due
luoghi ed in due tempi diversi, pur essendo sullo stesso percorso,
nella stessa dimensione, nella stessa storia. Lo scontrarsi con le
differenze che inevitabilmente si sono create e lentamente sono
cresciute, fino a divenire ostacoli che separano, difficili da
sormontare. Ostacoli che ciascuno, all’interno della relazione,
affronta a modo suo, con i propri strumenti. Anche con la reazione
intrepida di chi, nonostante tutto, va avanti, con la “voglia
di ridere”.
Amore
bufalo
Il
bufalo, animale possente, massiccio. All’apparenza forte, solido.
Ma in questo brano, onirico e visionario, è reso vulnerabile, in
preda alle contraddizioni e soggetto a mutamenti: di forma, di stato,
di significato. Un brano che simboleggia il cambiamento: la sua
inevitabilità, la sua continua ricerca; concetto sottolineato
musicalmente dall’alternarsi di un rock ipnotico e serrato, che
cede il passo ad uno stato di calma apparente dal ritmo elettronico,
e a chitarre acide sullo sfondo. Primo singolo estratto.
La
nostra rivoluzione
Un
brano che crea distinzione tra ciò che può mutare e ciò che invece
è immune al cambiamento. La canzone stessa subisce al proprio
interno una rivoluzione: l’inizio delicato, intimo omaggio a
Blackbird dei Beatles, cede inaspettatamente il posto ad un ritmo più
incalzante, che volutamente restituisce all’immaginario i luoghi e
i tempi di una generazione: una spiaggia, un falò, una chitarra, e
le note di Battisti. Sonorità biografiche ispirano una melodia
raffinata, che
svela
le grandi doti compositive dell’autore.
Anidride
Anidride
carbonica rappresenta qualcosa di impercettibile, di impalpabile e
silente, in grado di coglierti ed annientarti di sorpresa, nel
momento più inaspettato. Potere letale su una vittima inconsapevole.
Un brano sulla fisiologia dell’assenza. Perché l’accettazione di
un abbandono non riguarda solo la mente, ma impatta anche sul nostro
corpo, implicandone ogni parte: atomi, cuore, ossa, e al “fegato
il compito più duro, mostrarsi indifferente”.
Uomo
È
volutamente l’ultimo brano dell’album. Un momento per chiedere
scusa alle persone che nella propria vita hanno davvero avuto
significato. Il divenire adulti, uomini, avvertendo un senso di
completezza, di ricongiunzione, esplicitato in un ritornello potente.
Brano di chiusura e punto di arrivo dell’acqua. Meta e fine del suo
lungo e tortuoso viaggio. Qui l’acqua assume la forma di una donna,
capace di penetrarti all’interno, scavando, infiltrandosi,
scuotendoti con impeto, fino a fondersi con la tua interiorità,
invadendola. Un ciclo che si chiude in un outro sognante e
malinconico.
Etichetta:
SRI Productions
BIO
In
una Bologna
fucina di fermenti culturali, Pierpaolo
Marconcini,
pubblicitario classe 1983,
diventa Lo
yeti.
Lo
yeti
è
un
essere che
vive una realtà fisica manifesta disegnata da noi,
in base alle nostre esperienze, alle storie che abbiamo sentito di
lui, alle immagini che abbiamo visto. Una
creatura
leggendaria che prende forma grazie alla soggettività di chi lo
pensa, proiettando su di lui ciò che vuole vedere. Allo stesso modo
la sua musica, pur raccogliendo e decodificando ricordi personali, si
adatta al vissuto dell’ascoltatore lasciando spazio al significato
che ognuno ne vuole trarre. Il suo eterogeneo percorso artistico e
musicale
gli
permette di vestire ogni brano in modo diverso ed adeguato, per
sottolineare l’intimità testuale e l’umore del brano stesso.
Ugualmente la sua voce, avvolgente ed espressiva, lascia un’impronta
caratteristica su ogni melodia. La scrittura musicale de Lo
yeti, chitarrista
e pianista, è ricca e mai banale, e riesce ad arrivare in maniera
immediata e viscerale. L’arrangiamento e la produzione del suono
aiutano a creare un’identità forte al progetto musicale.
Grazie
all’apporto del bassista
Marco Milani,
parte integrante del progetto fin dall’inizio che ha notevolmente
contributo all’evoluzione dei brani, e del
musicista/fonico/produttore
artistico Pierluigi Ballarin,
il progetto Lo
yeti si
arricchisce di ritmi e forme elettroniche, archi, synth e fiati.
Nel
2016 l’incontro con il musicista/fonico/produttore
artistico Angelo Epifani porta
alla definitiva versione de Le
Memorie dell’Acqua,
disco d’esordio de Lo
yeti.
Contatti
e social
Facebook
(pagina) www.facebook.com/Loyeti.paginaufficiale
Soundcloud https://soundcloud.com/loyeti
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