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martedì 30 giugno 2020
White Dolphin Records presenta il nuovo disco di Devya : When Aliens Call My Name (Musica)
White Dolphin Records presenta il nuovo disco di Devya : When Aliens Call My Name (Musica): When Aliens Call My Name è il nuovo lavoro discografico di Devya. Concepito e ispirato dalla città delle cento chiese toscana, lopera racchiude otto tracce elettroniche registrate tra Londra e Udine. Le sequenze interamente registrate con sintetizzatori digitali vintage ,descrivono incontri ravvicinati del III tipo e avvistamenti U.F.O. nella città di Lucca, luogo mistico e religioso in Italia e anche su Musica musica,album,alieni,devya dal sito www.nellanotizia.net
RÆSTAVINVE: “SENZA CUORE” è il singolo che anticipa l’album “BIANCALANCIA” del duo pugliese composto da Vinvè e Ræsta
Un brano intimo, alternative rock, dalle tinte noir a cui ha collaborato anche Francesco Di Bella dei 24 Grana.
RæstaVinvE è il risultato della collaborazione fra Vinvè (produttore, compositore e cantautore) e Ræsta (cantautore polistrumentista), due entità artistiche che hanno unito la loro musica in un progetto biunivoco sfociato nel disco d’esordio “Biancalancia”.
Dopo l’uscita del primo singolo “Non sono nato ieri”, arriva in radio dal 19 giugno “Senza cuore”, un brano dalle tinte noir contaminato da suoni provenienti dall’alternative rock scritto da Vinvè insieme con Francesco Di Bella (24Grana). Tra le note pungenti di un rhodes e un acido pattern ritmico di batteria, la voce del compositore Vinvè delinea i tratti della cruda storia di un amore ai limiti della normalità. Il brano è stato registrato presso Gli Artigiani Studio di Maurizio Loffredo e Daniele Sinigallia (solo per citare alcune produzioni: Riccardo Sinigallia, Motta, Coez, Deproducers, Marina Rei).
«La protagonista del video è una donna sempre intenta a primeggiare, che non si preoccupa di definire la propria identità sessuale, attirando l'interesse di ogni nuovo soggetto che incontra. Non si fa scrupoli nel deludere chi le è accanto ed è sempre alla ricerca di occasioni per riempire il proprio vuoto, forse anche per sanare le proprie ferite narcisistiche, anche a costo di ferire a sua volta». RæstaVinvE
L’album “Biancalancia”, in uscita il prossimo autunno, vede la co-produzione di Maurizio Loffredo ed evidenzia la forte ricerca di nuove sonorità dal sapore internazionale. Intense sezioni ritmiche, tocchi rapidi di pianoforte, suoni sintetizzati e campionati alternati a strati di chitarre ipnotiche, sono il marchio di fabbrica dell’intero progetto. I RæstaVinvE non rinunciano alla poetica leggera ed autoironica della corrente indie italiana, senza però mai avvicinarsi al comune ed attuale mondo dell’home recording, volutamente low-fi.
Etichetta: VinveMultimedia
Edizioni: La Canzonetta
Radio date: 19 giugno 2020
Pubblicazione album: autunno 2020
BIO
RæstaVinvE è un duo di origini pugliesi composto da Vincenzo Vescera (Vinvè), produttore e cantautore, e Stefano Resta (Ræsta), medico e cantautore polistrumentista. I due debuttano come unica ma biunivoca entità artistica con il progetto discografico di mutuo soccorso “Biancalancia”, che verrà pubblicato nell’autunno del 2020. Il loro sound affonda le radici nell’alternative rock (è possibile riconoscere le influenze di alcuni artisti anglosassoni come Radiohead, Elliott Smith, Grizzly Bear), dando uno sguardo alle atmosfere indie più contemporanee e collegandosi anche ad un pop cantautorale italiano più tradizionale. Il 15 maggio 2020 esce il primo singolo estratto dall’album Biancalancia, “Non sono nato ieri". Il 19 giugno arriva in radio il secondo singolo “Senza cuore”.
Contatti e social
Gofundme: https://bit.ly/3d74PRv
lunedì 29 giugno 2020
Online il nuovo album di Devya : “When Aliens Call my Name”!(Music)
Online il nuovo album di Devya : “When Aliens Call my Name”!(Music): Si intitola “When Aliens Call My Name” il nuovo album strumentale di Devya. Ispirato dalla città delle 100 chiese toscana e dagli studi di clipeologia, l’opera racchiude otto tracce di musica elettronica registrate tra Londra e Udine. Interamente concepito e suonato con sintetizzatori digitali vintage, vede la partecipazione alla chitarra di Mattia Romanut (aka Stringe) e del pianista Fabrizio Bon.Read More
Intervista di Alessia Mocci al poeta russo Arsen Mirzaev: vi presentiamo Chiedo asilo poetico
“[…] amo anche staccarmi – strapparmi da
questa celebre “esistenza letteraria” verso la natura – nel bosco, sui monti,
al mare, nel deserto.... “I poeti devono vagare e cantare!” – con questa
affermazione di Velimir Chlebnikov sono d'accordo al 200 %.” –
Arsen Mirzaev
Il vagare dei poeti
non può che far ricordare quei celebri versi dello stimato Ugo Foscolo (“Vagar
mi fai co' miei pensier su l'orme/ che vanno al nulla eterno; e intanto fugge/
questo reo tempo, […]”) che contemplavano e cantavano alla sera ringraziandola
per la pace prodotta proprio da questo vagare. Ed ancora ricorda quel vagare
dell’Islandese in continuo dialogo con la Natura in contrapposizione ad un
poeta che lasciò di rado la sua biblioteca sita a Recanati.
Nato a San Pietroburgo nel 1960,
Arsen Mirzaev è poeta, critico e studioso di letteratura. All’attivo ha
collaborazioni con diverse case editrici e riviste letterarie, con
pubblicazioni di versi ed articoli.
La sua prima silloge è stata pubblicata
nel 1994 ed è intitolata “Un altro respiro” (Drugoe
dychanie), seguono nel 1996 “Oltre al resto” (Pomimo pročego), nel
2000 “I versi e i canti di Anton Kompotov (Stichi i pesni Antona Kompotova),
nel 2001 “La musica della conversazione di innamorati sordomuti” (Muzyka
razgovora vljublënnych gluchonemych), nel 2008 “L’albero del tempo” (Derevo
vremeni) e nel 2015 “Vita a ¾” (Zizn' v ¾).
Da circa 15 anni organizza rinomate serate
letterarie presso lo storico albergo Old Vienna situato dietro l’angolo
rispetto ad uno dei monumenti più interessanti dell’arte russa la Cattedrale
di Sant’Isacco costruita dal 1818 al 1858.
“Chiedo asilo poetico” è stato pubblicato
nel 2020 dalla casa editrice Macabor Editore nella collana “I fiori
di Macabor”, l’elaborazione grafica della copertina di
Giorgio Ferrarini. Paolo Galvagni ne ha curato la nota finale e la
precisa traduzione.
“tutti/ tutti/ tutti si istupidiscono
con gli anni// eccetto alcuni/ alcuni/ in verità –/ è una grandezza/
infinitamente piccola”
A.M.: Salve Arsen, sono
lieta di poter approfondire la sua conoscenza con questa intervista e la
ringrazio per il tempo che mi dedicherà. Vorrei, se è possibile, geolocalizzare
il poeta, chiedendole: San Pietroburgo è una città attiva artisticamente oppure
lei è una delle poche eccezioni?
Arsen Mirzaev: Sono felice di
salutarLa! Ringrazio per l'interesse che ha mostrato verso la mia modesta
persona e il mio libro, tradotto da Paolo.
A Pietroburgo ci sono tanti poeti. Validi,
anche vari. Ce ne sono di vivi, interessanti e di talento. E ci sono
scribacchini, parolai e grafomani. I primi, mi pare, sono molto meno... Ahimè.
Così, San Pietroburgo. La città in cui
sono nato, ma vi ho abitato solo dopo aver completato la scuola media a Vorkuta
(il Nord, il Polo, negli anni '60 Vorkuta era davvero una città di banditi, una
delle “capitali” criminali – come Kolyma e Magadan). Cioè dal 1977. E solo a
San Pietroburgo (allora, certo, Leningrado) ho cominciato a capire che cosa
fosse la vera poesia (anche se avevo provato a scrivere versi a scuola – avevo
studiato non solo a Vorkuta, ma anche a Mosca, e a Gelendžik – e durante il
servizio militare tra le file dell'esercito sovietico, in una cittadina nei
pressi di Zagorsk). All'Istituto Geologico di Leningrado (LGI), a cui mi sono
iscritto sotto l'influenza di mio padre geologo, parallelamente allo studio,
dal primo anno, sono iniziate le lezioni al LITO (unione letteraria) del LGI,
che era guidato da Michail Jasnov, noto poeta per l'infanzia e traduttore di
poesia francese. Poi ho avuto: il lavoro
nella Casa degli scrittori leningradese; lo studio alla Libera Università
(cattedra di poesia: 1989-1991); il lavoro come redattore (dall'inizio degli
anni '90) – nell'organico e non – praticamente in tutte le case editrici
pietroburghesi; comporre e redigere la rivista artistica letteraria samizdat
“Sumerki” (1989-1995); il lavoro in giornali e riviste – pubblicista,
giornalista e redattore; lo studio dell'eredità creativa dell'avanguardia russa
dell'inizio del XX secolo (prima di tutto – Velimir Chlebnikov, Vladimir
Majakovskij, Elena Guro, Tichon Čurilin, di cui ho preparato libri,
commentandoli e pubblicandoli per varie case editrici di Mosca e San
Pietroburgo); la partecipazione a conferenze scientifiche internazionali,
dedicate all'avanguardia e alla letteratura contemporanea; la preparazione di
varie antologie di poesia pietroburghese contemporanea; la cura e la conduzione
di serate letterarie (letture poetiche, presentazioni di riviste e case
editrici, serate di prosa, festival) – dal 2005. E così via. Non ricorderò
tutto ed elencare tutto sarebbe troppo lungo. Ma, in un modo o nell'altro,
tutta la mia vita è stata legata alla letteratura, ai libri, alla poesia. E
tutti i miei amici in gran parte sono poeti, artisti, musicisti.
E la nostra vita era e continua a essere
del tutto viva. Probabilmente alle peregrinazioni e ai viaggi (non sono solo
festival poetici in diverse città e paesi, ma anche semplicemente viaggi “per
il mondo”) dedichiamo non meno tempo che alla lettura di libri e composizione
di versi nei nostri appartamenti e studi.
A.M.: Nella nota finale
della raccolta “Chiedo asilo poetico”, il suo traduttore Paolo Galvagni scrive:
“Siamo di fronte a una persona, la cui vita è legata in modo fatale alla
poesia e si è tramutata in “esistenza letteraria”: non sa dove scappare. Quasi
tutti i suoi versi sono organica-mente iscritti nella vita letteraria della
Pietroburgo contem-poranea, coi suoi innumerevoli saloni letterari e altre
amenità poetiche.” Si rispecchia in questa immagine?
Arsen Mirzaev: Dell'“esistenza letteraria”
ho già scritto tanto, rispondendo alla prima domanda. Ma è solo una parte di me
e della mia vita. Sì, sono “iscritto” alla letteratura, inserito in essa (anche
ufficialmente: come membro delle unioni di scrittori, come portatore di
cultura, compositore di antologie, redattore di riviste, membro di diverse
giurie professionali, etc), si può dire che sia radicato in essa dalla testa ai
piedi nei 35 anni della mia “letteraturovita” (la mia esistenza nella
letteratura), occupandomi all'infinito di tutti i possibili studi, della
preparazione di libri, conducendo ogni anno una quantità infinita di serate
poetiche. Ma amo anche staccarmi – strapparmi da questa celebre “esistenza
letteraria” verso la natura – nel bosco, sui monti, al mare, nel deserto.... “I
poeti devono vagare e cantare!” – con questa affermazione di Velimir
Chlebnikov sono d'accordo al 200 %.
A.M.: Nella lirica “Il
giorno di San Valentino” si legge “[…] – diventare/ uno stupido geniale,/
[…]” (“[…] – стать/ гениальным придурком,/ […]”), con questa immagine
intende menzionare lo jurodivyj, figura del mondo ortodosso russo con
significato di “folle in Cristo” o “santo idiota”?
Arsen Mirzaev: No, qui non avevo alcuna
intenzione di fare un accenno agli “jurodyvie” russi, anche se mi interessano
tanto. Avevo in mente un motivo di Van Gogh, la celebre storia col suo orecchio
tagliato (abbastanza ironico e autoironico) la estrapola sull'“amato se stesso”
l'eroe lirico di questa poesia.
A.M.: Da studioso di
letteratura si è occupato dell’opera del poeta russo Velimir Chlebnikov
(Oblast' di Astrachan', 9 novembre 1885 – Santalovo, 28 giugno 1922). Una breve
poesia recita: “Preposto al servizio delle stelle,/ Io giro, come una
ruota,/ Che s'invola all'istante sull’abisso,/ Che finisce sull'orlo del precipizio,/
Io imparo le parole.” Vorrei soffermarmi su “stelle”, “abisso” e “parole”:
la vertigine è una condizione necessaria per il poeta?
Arsen Mirzaev: La mia “storia” con
Chlebnikov, il grande Futurista, è cominciata circa quaranta anni fa, quando a
me, studente della facoltà geologica dell'LGI, hanno chiesto di tenere una
lezione su Velimir per gli studenti stranieri dell'Istituto geologico. Era il
1981 o 1982.
Nel 1986 ho partecipato alla conferenza
(Fortezza di Pietro e Paolo, San Pietroburgo), dedicata al centenario di
Velimir Chlebnikov. Poi ho prese parte a numerosi festival e conferenze
scientifiche dedicate a Chlebikov e all'avanguardia letteraria dell'inizio del
XX secolo, tenute a San Pietroburgo, a Mosca, a Parigi, a Helsinki, a Velikij Novgood,
ad Astrachan', a Kazan', a Čeljabinsk, a Tver' e in altre città. Nel 2005 ho
avuto la fortuna di pubblicare il libro Velimir Chlebnikov – serto al poeta (33
omaggi poetici a Velimir: ora ho preparato per la stampa la versione completa
del Serto – più di 100 nomi di poeti noti, che hanno dedicato poesie al “Re del
Tempo”). E tre anni fa il libro, da me composto e commentato “Il tempo – misura
del tempo” (la cosiddetta “piccola prosa”: articoli, note, proclami, manifesti,
diari, etc). Ho preparato altri progetti editoriali, legati ai Futuristi, che
per vari motivi non erano ancora usciti.
A suo tempo il poeta Osip Mandelštam ha
detto: “In Chlebinikov c'è tutto!”. – Per me era proprio così. “Il nostro
tutto” – non è solo Puškin, ma anche Chlebnikov. E anche prima di tutto –
Chlebnikov. Proprio lui mi ha fatto sentire che cosa sia la vera poesia, capire
che cosa costituisce la sua essenza, amarla “per tutta la vita rimanente”. Una
sola sua frase – per esempio, “Con un sorriso è chiaro, semplice/ Sollevo la
vita/ ad altezza della mia statura” – poteva sconvolgermi, rafforzarmi –
dall'esistenza (vitale, non letteraria), dalle “porcherie plumbee della vita”.
A.M.: Oltre al
futurismo ed alla avanguardia russa si è interessato di futurismo italiano?
Quali sono gli artisti e poeti che ha apprezzato maggiormente e quali
differenze ha potuto notare tra esponenti in Russia ed esponenti in Italia?
Arsen Mirzaev: Sì, certo, non si può
trascurare la figura, potente, creativa e in molto contraddittoria, di
Marinetti! Anche se da noi lo conoscevano proprio poco. E praticamente non lo
pubblicavano. Ma ora sono pubblicati non solo i suoi proclami e manifesti, ma
anche la poesia e la prosa – in russo. Cosa che non può non allietare. Sulle
differenze tra i futuristi italiani e russi si è scritto più volte. Se
approfondissi anch'io questo tema, sarebbe superfluo e occuperebbe troppo
spazio e tempo. Ma voglio notare che anche l'avanguardia letteraria e artistica
italiana mi interessa molto.
Nominerò solo alcuni nomi: Umberto
Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero, Carlo Carra, Enrico Prampolini,
Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Gino Severini, Ardengo Soffici.
Non è il primo anno che con alcuni
slavisti italiani tengo rapporti di amicizia. Oltre a Paolo Galvagni, a Lei
noto, si tratta di Massimo Maurizio, Gabriella Imposti e Marco Sabbatini.
Conosco altri slavisti solo da lontano: Stefano Garzonio, Carla Solivetti. Be',
certo, bisogna anche aggiungere al tema “italiano” il fatto che nel 2018 per la
mini antologia di poesia italiana contemporanea “Essere delle foto”, mi è
capitato di tradurre i testi di Alfonso Maria Petrosino e Marco Miladinovic.
A.M.: “Perché ci sono
così pochi poeti buoni e vari?” почему же так мало поэтов хороших и разных?
Arsen Mirzaev: Avendo una certa
esperienza di traduzione poetica da varie lingue, immagino bene come sia
complesso rendere l'intonazione di un testo in lingua straniera (la cosa più
semplice è il senso, se nella poesia è più o meno “trasparente”). Qui, in
questi testi (come in molti miei altri versi) svolgono un ruolo significativo
l'ironia e l'autoironia. È abbastanza complesso da spiegare. O si percepisce
nel testo, oppure no.
A.M.: Successivamente
alla pandemia ha intenzione di presentare “Chiedo asilo poetico” in Italia?
Arsen Mirzaev: Anch'io spero che
prossimamente (tra un mese? due?) le frontiere saranno aperte e potremmo tutti
relazionarci con libertà e apertamente – come prima. Sostengo in ogni modo
l'idea di fare una presentazione in Italia. Ovvio, la presentazione (forse, più
di una) deve avvenire anche in Russia. Possiamo organizzarla nel mini hotel
letterario “Antica Vienna” nel centro di Pietroburgo, dove dal 2005 conduco le
“Serate letterarie”, ormai diventate di culto per molti.
A.M.: Salutiamoci con
una citazione…
Arsen Mirzaev: Nel contesto di quanto
detto sopra, di certo si confà congedarsi con questa quartina “antipandemica”:
“Il gelo cosmico nella notte./ Alle finestre s'erge la sventura./ E da me il
fuoco nella stufa,/ Il tè sul tavolo e nel cuore la felicità” (Vladlen
Gavril'čik, poeta e artista, 1953).
E se permettete, con un'autocitazione: “i
versi sono un bastone/ su di esso mi appoggio/ camminando/ in questa vita”.
A.M.: Arsen ringrazio
per la schiettezza delle sue risposte e la saluto anche io con due citazioni.
Prendo in prestito le parole di un suo connazionale fortemente ammirato in
Europa, Fëdor Michajlovič Dostoevskij “Colui che mente a se stesso e dà
ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la
verità né dentro se stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se
stesso e per gli altri.” ed infine: “Il segreto dell’esistenza umana non
sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive.”
Written by Alessia Mocci
Info
Sito Macabor Editore
http://www.macaboreditore.it/
Acquista Chiedo asilo poetico
http://www.macaboreditore.it/home/index.php/libri/hikashop-menu-for-categories-listing/product/110-chiedo-asilo-poetico
Fonte
https://oubliettemagazine.com/2020/06/25/intervista-di-alessia-mocci-al-poeta-russo-arsen-mirzaev-vi-presentiamo-chiedo-asilo-poetico/
EUGENIO RIPEPI: “ROMA NON SI RADE” è il nuovo album del cantautore ligure in uscita il 3 luglio
Il disco, primo tassello di una dilogia, viene definito dall’artista di Imperia come “il proprio occhio destro”, capace di intuire il divenire senza mettere a fuoco ciò che è concreto.
La copertina è un’opera di Settimio Benedusi
“Roma non si rade” è il terzo disco di Eugenio Ripepi, in uscita il 3 luglio 2020.
La didascalia dell’album recita: “Colori a occhi chiusi - Occhio destro”.
“Occhio destro” è una metafora che inquadra questo disco come il primo di una dilogia a cui seguirà un secondo progetto discografico (“l’occhio sinistro”), dal titolo ancora nascosto.
L’occhio destro dell’autore, per ragioni autobiografiche dovute a difficoltà di lettura, attiene alla parte metafisica che non mette a fuoco il concreto e intuisce il divenire. L’occhio sinistro vede più nitido, ma meno lontano, ed è lo sguardo della rabbia sociale.
«“Roma non si rade” perché, se le scansi di mattina le strade dal volto antico, non si cura di prepararsi per te, piccolo frammento nel respiro della storia, e la rugiada trattenuta ti racconta il profumo dell’immortalità». Eugenio Ripepi
TRACK BY TRACK
Un contatto
“Un invito ad avvicinare l’assoluto, a congiungersi con la natura, con la semplicità, che non è facilità, come diceva il filosofo Danilo Dolci. I recenti avvenimenti, ci hanno dimostrato come il ritorno alla natura, e il rispetto per le sue leggi, è forse l’unica via d’uscita per un futuro sostenibile”.
Come l’acqua ad un’aiuola
“Veloce ma delicato, il brano si muove in punta di piedi per descrivere un itinerario, questa volta però, con qualcuno accanto. Il cielo, stavolta, è intento a trattenere il suo sole, e anche la macchina, finita la benzina, non vuole disturbare il momento”.
La frontiera
“La canzone racconta la movimentata, anche musicalmente, storia di un fuggiasco. Potrebbe essere nel vecchio West, nell’America del proibizionismo, oppure oggi. Un passo falso può costare la vita, per i protagonisti ma anche per gli ignari comprimari”.
Acrobatiche sere.
“Gli artisti, apolidi, perennemente precari, inizialmente faticano a trovare una collocazione, e spesso poi la rifiutano, un po’ per difesa, un po’ per necessità. Alla fine, però, i conti non tornano. Non tornano mai. È una scommessa con un prezzo molto alto. Ma non si può fare altrimenti, perché l’unico equilibrio possibile è quello che si raggiunge tenendo tutto insieme a fatica su un filo, sorretti dall’ironia che pervade questo pezzo, e alcune vite particolari”.
Un ritratto di foglia e di paglia
“Un brano che descrive occhi verdi come le foglie e capelli del colore della paglia, di una ballerina che ha appeso le scarpine al chiodo e abbandonato gli studi, in vista del miraggio di un amore troppo possessivo. Una scelta obbligata dalla pressione che l’ha catapultata in un eremitaggio dorato, senza preoccupazioni ma forse anche senza slanci”.
Tra trent’anni
“È il ritratto di una umana felina, spigolosa e sfuggente. Un sentimento vero rimane intatto anche nel corso degli anni, e non scende di un centimetro la distanza che si avverte da una persona per cui si prova questo sentimento”.
Roccia
“Il brano è un invito a scuotersi. Il discernimento a volte ci porta a non agire. Dobbiamo prendere esempio da quello che ci circonda di non umano”.
Nicole
“Il primo singolo estratto dall’album è un pezzo dal sound estivo intriso di un’atmosfera pop-swing ballabile che si sposa perfettamente con una storia ironica. Il protagonista della canzone immagina, in un’atmosfera onirica frutto di un mix “rhum-anestetico”, di lanciare (per scherzo) dalla finestra, e poi di recuperare, il tirannico gatto della fidanzata. Una vendetta impossibile, un’iperbole che fa omaggio a una celebre sequenza cinematografica di Francesco Nuti”.
Latte di Aprile
“L’Eden è ancora qui, sulla Terra. L’esercizio difficile è scoprirlo e difenderlo, sceglierlo rispetto al consumismo industriale che spesso diventa l’unico ritaglio dalle fatiche di obblighi insostenibili. La capacità di ascolto va sviluppata, e non si tratta solo dell’udito: tutti i nostri sensi possono essere amplificati e possiamo curarci l’anima con il respiro del verde”.
Villaggio globale
“Il reggae è il giusto ritmo per cantare il disequilibrio sociale, vero motore e problema del mondo. Chi ha troppo e chi troppo poco, è purtroppo noto. Talmente tanto che per alcuni risulta un pensiero fastidioso. Il senso di colpa affligge la società del benessere, ma non sfocia mai in vere politiche di aiuto per le classi meno agiate del villaggio globale”.
Il mio mare
“Il mare di ognuno di noi è un movimento metafisico, dove è impossibile raccogliere gli intenti trascorsi, che riaffiorano soltanto per venire coperti da una nuova onda. Le persone che attraversano il nostro mare transitano, ma sono portate via da nuove correnti”.
Tanto tempo fa
“Il sentimento nostalgico è sviluppato con una chiave musicale molto dinamica e gradevole. I giorni delle merende, dei cartoni alla tv, del conforto. I giorni in cui un bambino non può capire la complessità dei rapporti che gli si costruiscono attorno. Tutto ha un alone di purezza e di verità, e non può che intenerire e commuovere il pensiero dei tempi in cui si viveva senza affanni”.
Specchi negli specchi
“Un brano intimo e spirituale, una preghiera laica accompagnata dal commento tensivo degli archi e del coro. Il bisogno di sollevarsi è figlio di un’esigenza concreta: trascendere il nostro quotidiano. Rivolgersi oltre il conosciuto è un esercizio di catarsi. Superando i limiti della nostra contingenza, usciamo dal dominio della nube che ci accompagna e ci intimorisce”.
Sei mattina
“Qui torna un tono allegro, di nuovo un reggae, che però non va a tangere adesso i temi della denuncia sociale. È una storia da cui scaturisce la considerazione di sé come elemento di oscurità e dell’altro come una luce che non è fortunatamente in grado di farsi assorbire dal buio”
“Ci sarà”
“Il brano lancia uno sguardo ferito alle storture del nostro consesso sociale. Alberga però una speranza, volutamente messaggio di conclusione dell’album”.
Etichetta: Music Fc
Pubblicazione album: 3 luglio 2020
BIO
Eugenio Ripepi è un cantautore, regista, produttore, direttore artistico e scrittore ligure, di Imperia.
Pubblica l'album “La buccia del buio”, prodotto da Milo Durante, di cui ha scritto testi e musiche, e curato la produzione artistica affidando la sezione ritmica del disco a Ellade Bandini (Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini, Paolo Conte), Marco Fadda (Ivano Fossati, Eugenio Finardi), Luca Scansani (Enzo Jannacci, Ivan Graziani). Pubblica poi il 45 giri di “Canzone Sociale”, curando testi e musiche e interpretando il videoclip “Thyssen”, terzo video tratto dal progetto dopo i due videoclip “La luce scalza” e “Scarpe di colla”. Ha girato altri otto videoclip di altrettanti suoi brani: “Latte di Aprile”, “Un ritratto di foglia e di paglia”, “Come l’acqua ad un’aiuola”, “Ci sarà”, "Roccia", “Il mio mare”, “Specchi negli specchi”, “Un contatto”, che fanno parte del nuovo album “Roma non si rade” in uscita il 3 luglio 2020. Il 19 giugno 2020 esce il primo singolo estratto “Nicole”, di cui cura anche questa volta il video,
Come scrittore Ripepi pubblica i libri: “Teatro-Canzone, Storia, Artisti, Percorsi”; “Scritti in festa per Eugenio Buonaccorsi”, prefato da Gino Paoli; “La canzone teatrale di Piero Ciampi”, presentato al Premio Tenco, “Il carnet del carnefice”, prefato da Vittorio Coletti; “Eredi del punto su tele di carne”, prefato da Giuseppe Conte; “La luce scalza”, prefato da Mario Stefani. Ha diretto inoltre la rivista culturale “Artwhere” per l'Eco della Riviera.
È stato insignito del Premio Città di Imperia San Leonardo come Cittadino Emerito, del Premio Anassilaos per la poesia di Reggio Calabria accanto a importanti personalità del mondo culturale internazionale, del Premio per la Cultura e lo Spettacolo nell’ambito del decennale della testata Sanremo News da Pepi Morgia come “Personaggio che ha segnato negli ultimi dieci anni la storia della Riviera Ligure”, della menzione speciale al concorso letterario InediTO nella sezione Testo-Canzone, del Premio Speciale Città di Reggio Calabria Rhegium Julii, e di numerosi altri riconoscimenti nel campo della cultura, dello spettacolo e dello sport.
È regista di vari allestimenti e direttore artistico dello Spazio Calvino di Imperia, del Teatro Tommaso Salvini di Pieve di Teco, del Teatro del Mare presso il Museo Navale di Imperia. Ha ideato e diretto la stagione teatrale di monologhisti “Discorsi Da Solo” e stagioni teatrali, musicali e letterarie come coordinatore delle attività culturali del Dams di Imperia. Nell'ambito della produzione cinematografica, ha diretto la Sezione Internazionale del Videofestival Città di Imperia, ha presieduto la giuria tecnica del Festival di Cortometraggi “Ciak un’Emozione” città di Sanremo, ha organizzato dall’Associazione Matteo Bolla e il festival cinematografico “Smartfest”, ha collaborato al progetto Dark Resurrection di Angelo Licata e con Macaia Film di Simone Gandolfo ed altre realtà produttive. Ha fondato con Fabrizio Noè e Danilo Damagika la Ithil Factory, centro di sperimentazione per la videoripresa.
Contatti e social
Sito ufficiale: www.eugenioripepi.eu YouTube www.youtube.com/user/EugenioRipepi Facebook www.facebook.com/eugenio.ripepi
domenica 28 giugno 2020
"When Aliens Call My Name", il nuovo album di Devya é online!

Si intitola “When Aliens Call My Name” il nuovo album strumentale di Devya. Ispirato dalla città delle 100 chiese toscana e dagli studi di clipeologia, l’opera racchiude otto tracce di musica elettronica registrate tra Londra e Udine. Interamente concepito e suonato con sintetizzatori digitali vintage, vede la partecipazione alla chitarra di Mattia Romanut (aka Stringe) e del pianista Fabrizio Bon. I segmenti sonori descrivono incontri ravvicinati del III tipo e avvistamenti U.F.O. immaginari nella “lucchesia”, luogo mistico, religioso e santo, in Italia e nel mondo. Il disco si apre con la triangolazione di synth , chitarra e piano descrivendo l’arrivo della città spaziale sulla Terra “Supernova City”, prosegue con gli arpeggiatori soltitari di “Alone In The Sky”, l’acida e suggestiva percezione del contatto extraterrestre dell’ ononima “When Aliens Call My Name”, la sequenza Dub Step di “Tripping To Nowhere”, l’ipnotico drumming di “Abracadabra”, la texture malinconica del ritorno a “casa” con “Lovely Time For Jupiter”, il vocal alien speach sample di “Communication”, per concludere con la ninna nanna stellare additiva “Wonderland“.
Bio :
Devya è il progetto musicale di Devis Simonetti. Dal 1996 al 2002 la permanenza in Inghilterra con Lorenzo Bertoli, grazie al produttore Roberto Concina, gli consente di dedicarsi all’ autoproduzione e alla musica elettronica.
Fonda i Devya con Francesca Mombelli nel 2010. L’album d’esordio, “I Don’t Know What Is Christmas” (uscito per la Media Company Audio Ferox / Paige 2013) è la prova evidente di quanto la new-wave, il brit –pop, lo shoegaze, l’ industrial e il pop sintetico, siano stati ascoltati, assorbiti e rielaborati. Nel 2014 pubblicano il singolo e il video “Going To Town”, partecipando nel 2015 a un radio tour e diverse compilations.
Nel 2017 siglano con la Dark Ace Record Kompany , rilasciando il 14 dicembre il nuovo digital 45 del progetto intitolato “Witch – Hunt”, che anticipa “Black Waves And Floating Foams”, il nuovo E.P. per la medesima label. Producono il video e singolo “Bodies” nel 2018 insieme al regista Paolo Parisotto (BBC ,Rete 4). Il 7 luglio 2018 pubblicano sempre con la Dark Ace label i singoli dei primi cinque anni di attività: “Collection 2013-2018”, vincendo diversi contest radio in Italia. Pubblicano nel 2020 il digital 45 synth pop “Away”con la Net label White Dolphin Records.
“When Aliens Call My Name” è un album da ascoltare di notte sotto il cielo stellato. Disponibile in streaming e download sugli store di musica digitale.
Etichetta : White Dolphin Records
Link FB Band : Devya
Digitroniks Corporation 2020
sabato 27 giugno 2020
ANANSI TORNA CON “VOLEVO FARE L’ASTRONAUTA: PARTE 1” 4 brani inediti scritti, interpretati e prodotti dal poliedrico artista
Dopo le collaborazioni di
questi anni con Coez, Ghemon, Frah Quintale, Frankie Hi-NRG e Roy Paci, ANANSI
è pronto a tornare con il suo nuovo progetto discografico “Volevo
Fare l’Astronauta: Parte 1”, in arrivo su tutte le piattaforme digitali
a partire da venerdì 26 giugno.
Tra it-pop e sonorità
pop-soul, ANANSI racconta i trentenni di oggi, la vita nelle città
metropolitane, le difficoltà e le soddisfazioni della vita quotidiana e
l’amore, quello universale. Un nuovo percorso musicale che si snoda in 4 brani
inediti scritti, interpretati e prodotti dallo stesso artista che si lascia
ispirare anche da suoni internazionali.
Ad aprire l’EP sarà
infatti “Mamma e Anna”, una canzone scritta di getto in un
pomeriggio estivo, liberamente ispirata a “Mama’s Got a Girlfriend Now” di Ben
Harper, racconta il carattere universale dell’amore, a prescindere dalle
etichette e dal genere, più forte di qualsiasi chiacchiericcio e frase fatta,
perché l’amore visto con gli occhi di un bambino non può che essere limpido e
libero da qualsiasi preconcetto: “ora mamma c’ha una compagna che la
rispetta, una donna che la cura e l’ama più di papà”.
“La Gente”
rappresenta una libera riflessione sulla nostra generazione, quella di cui
ANANSI fa parte, da sempre stretta in un perenne limbo dalla costante
sensazione di incompiutezza e, molto spesso, mancanza di coerenza: “vorremmo
champagne ma beviamo birrette, amiamo l’umanità ma odiamo la gente”.
“Country Boy”,
scritta a Milano dopo una notte particolare, parla della diversità di approccio,
realtà, vita, priorità e prospettive della “gente di città” e della “gente di
provincia”, una riflessione su come la semplicità possa essere la risorsa più
importante nella vita di tutti i giorni: “in città c’è un gran casino per la
strada, ma la gente non si parla né si guarda, in città non puoi sentire la
rugiada, fra i palazzi, i muri e la sopraelevata”.
“Tutto ok”,
scritta e composta subito dopo aver acquistato un ukulele, è un sincero
racconto malinconico, ma anche spensierato, della vita quotidiana di tutti noi:
“il mondo mi appartiene, ma mi perdo in casa mia, va tutto bene, per me va
tutto ok”.
Ad accompagnare la
focus track “Mamma e Anna” fuori il 26 giugno anche il video ufficiale.
Guardalo qui: https://youtu.be/k50g0MAwaAI
Biografia
Stefano Bannò alias Anansi
(Trento, 1989) è un cantautore e polistrumentista con una carriera ormai
decennale alle spalle, tre album all’attivo e svariate collaborazioni con
artisti di fama nazionale e internazionale. Dopo aver mosso i primi passi nel
mondo della musica e aver pubblicato il suo primo album nel 2009, si unisce a
Roy Paci & Aretuska per due tour mondiali e un album di cui è co-interprete
e co-autore.
Nel 2011 partecipa a
Sanremo Giovani con la canzone “Il Sole Dentro” e pubblica il suo secondo album
“Tornasole”, che vanta i preziosi featuring di Frankie Hi-NRG, The Bastard Sons
of Dioniso e Bunna (Africa Unite).
A distanza di tre anni
pubblica il suo terzo album, anticipato dal singolo “Inshallah”, scritto e
interpretato con Ghemon. L’eclettismo di Anansi lo porta a collaborare come
compositore per artisti del calibro di Coez (“Costole rotte” e “Still Life”),
Frah Quintale (“Gravità” e “Gli occhi”) e Salmo (“Sparare alla luna”).
Alcuni lo conoscono come
docente di conversazione inglese, altri come insegnante di lettere, altri
ancora come ricercatore e linguista. Dopo anni di silenzio discografico, Anansi
è pronto a tornare sulla scena musicale italiana con l’EP “Volevo fare
l’astronauta: Parte 1”.
giovedì 25 giugno 2020
Valentino Cannas in radio con “Immagino se”
Valentino Cannas, classe 2002, è un giovane talento che si è fatto da subito conoscere al pubblico regionale con varie apparizioni in festival e concorsi canori. Studia Canto da giovanissimo e da poco ha intrapreso lo studio del pianoforte. Nel 2016 partecipa al Tour Music Fest e approda alle fasi finali tenute al C.E.T. di Mogol. Nel 2018 pubblica il suo primo Inedito “Avrai” sempre con l'etichetta D.G.M. Nel 2019 vince il concorso Regionale “Voci della notte”. Il 19 Giugno 2020 uscirà su tutti gli Store digitali il suo nuovo Singolo “Immagino se” e subito dopo verrà pubblicato il video ufficiale del brano.
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